teatro

Raffiche, Über Raffiche

2016

Foto di: ©Daniela Nicolò

“J. Come abbiamo fatto a arrivare qui?
S. È così che si diventa famosi.
J. Siamo diventati criminali.
S. Finalmente ci prendono sul serio.”

Anno
2016
Autore
Magdalena Barile e Luca Scarlini
Con
Silvia Calderoni (Jean), Ilenia Caleo (Rafale), Sylvia De Fanti (Bravo), Federica Fracassi (il Poliziotto), Ondina Quadri (Pierrot), Alexia Sarantopoulou (Riton), Emanuela Villagrossi (Scott), I-Chen Zuffellato (Bob)
Regia
Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
Produzione
produzione Motus con Ert, Emilia Romagna Teatro Fondazione. In collaborazione con Biennale Teatro 2016, L’arboreto – Teatro Dimora Mondaino, Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza, Teatro Petrella Longiano. Con il sostegno di MiBACT, Regione Emilia Romagna, Comune di Bologna

Raffiche

Raffiche nasce da una impossibilità: quella di riallestire Splendid’s di Jean Genet a distanza di quattordici anni dalla “storica” interpretazione Motus, con un cast di sole donne. Le regole dei copyright internazionali prevedono il rispetto del sesso dei personaggi, così come essi sono indicati nei copioni. Anche quando si tratta di un autore come Genet, che per tutta la vita ha propagandato la necessità della metamorfosi, del tradimento e dell’ambiguità. Da questo sorprendente diniego è esploso il desiderio di lavorare sul tema dell’identità e della rivolta, del rifiuto di aderire a un preconcetto ossequio alla divisione della realtà in maschi e femmine. Un testo originale di Magdalena Barile e Luca Scarlini, parte dalla stessa situazione narrativa (un gruppo di rivoltosi/e assediati/e in un albergo, di cui rimane il nome, e solo quello, in omaggio allo scrittore francese) per raccontare identità mutanti e sovversive, creature che hanno sospeso per sempre la volontà di definirsi. Figure che hanno a lungo usato la performance come forma di attivismo politico, e che ora, in una situazione di minaccia e incalzante persecuzione da parte delle potenti lobby conservatrici, sono passate a una lotta di altro tipo, hanno imbracciato il mitra, ma senza rinunciare alla loro naturale eleganza, per affermare “un’altra” visione della società, senza ruoli prestabiliti e controlli eterocentrici. Uno spettacolo per suites d’albergo, che mette in scena, vicinissimo agli spettatori, quasi a portata di tocco, il fiato acre ed eccitante della rivoluzione, gli odori sexy delle streghe transmoderne, che non solo sono tornate, ma restano con noi a fare da controcanto a preconcetti, stereotipi e divieti.

 

Über Raffiche

Per l’edizione 2017 del Festival di Santarcangelo, tentiamo un nuovo esperimento: nasce Über Raffiche, una nude (expanded version) di Raffiche, che non sarà più in hotel ma in uno spazio aperto come la grande sala svuotata di una palestra. Niente pareti ma solo alcuni eleganti arredi, niente fuori-scena, ma tutto a vista, nudo: al centro solo i corpi delle nostre amate/aRmate attrici.

Una mappa a terra sarà l’unica informativa sulla geografia dello spazio dove anche gli “effetti speciali” saranno visibili come nel un set di un film inesistente e sgangherato, che procede in Loop, senza inizio e senza fine per 3 ore (o forse più). Un estenuato ripetersi di raffiche di parole (e ironiche micro-danze) per non arrendersi, proprio come Rafale, che, nella nostra versione, anziché tentare il suicidio e rinunciare alla lotta (come avviene nel testo originale di Genet) non getta le armi e … “Continua a sparare. A sparare ancora (…) perché nella canna del mitra canti una voce nuova, si spezzino gli enunciati, vibri una parola che non appartiene più ad alcun autore, sganciata dalla miseria di un diritto negato. Gli spari, le esplosioni, le raffiche in arte non hanno niente a che spartire col terrorismo e col terrore del mondo. Semmai sono un modo per attaccarlo, per farlo smottare, per smascherarne il fondo grottesco e vigliacco, per liberarci dalla paura.”

Press release

  • "Lo spettacolo infatti non si lascia imprigionare (al contrario delle protagoniste nell’albergo) nei limiti di una rappresentazione autoconclusiva, ma procede in loop, senza inizio né fine per tre ore. Un dissolvimento di confini che diviene arma di resistenza al potere e potenza di liberazione dei corpi, delle voci e dei pensieri queer."
    Dalila D'Amico, Artribune
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  • "Nel cast femminile ogni personaggio si scontra con la propria identità, con sé stessa, prima ancora che con il mondo. Un sentimento del doppio che si rafforza quando viene interpretato da una donna, e sulla scena gli atteggiamenti maschili e femminili si fondono in una forma refrattaria ad ogni tipo di definizione."
    Manuela Rossetti, Krapp's Last Post
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  • "L’abilità delle attrici di destreggiarsi tra gli elementi della partitura, i tempi della sceneggiatura, il ritmo della musica e le reazioni del pubblico ipnotizza e lascia gli spettatori ancorati alle sedie; ogni attrice presente sul palco incarna perfettamente la direttiva politica – nonché psicologico-sociale – interpretata, e... come il vino che decanta nell’aria e splende con il tempo, sboccia nella pressione della tripartizione dello scenario da cui fuoriesce l’Anima dell’opera."
    Joele Sahel Schiavone, L'Amletico
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  • "Eccole dunque le otto mettere in gioco, quasi come se fosse una verità di vita e non una menzogna artistica, la propria appartenenza di genere, ma anche portare fino all’estremo la prova della tenuta fisica dei corpi. (...) Sono appunto otto corpi autentici, affaticati, sudati, liberati. E in quella fatica, in quel sudore si intravvede un nocciolo di una (provvisoria) verità. E’ come se alla fine si trattasse di una sfida in cui a esplorare i limiti dell’immaginazione non fosse la mente ma solo i corpi, materia prima, ingovernabile."
    Wlodek Goldkorn, L'Espresso
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  • "Senza contare il ruolo distruttivo giocato dalla poliziotta (Federica Fracassi). Elemento esogeno che s’infltra, dapprima come auto-ostaggio, ammiratrice delle Raffche e complice ma che rientrerà nei ranghi, contribuendo all’arresto della banda, per salvarsi. La poliziotta è l’elemento di connessione simbolica con il fuori: la polizia che cerca di stanare le terroriste, i media che, dalla radio, contribuiscono alla costruzione narrativa e al mito delle rivoltose."
    Laura Gemini, L'incertezza creativa
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  • "La performance, arte situazionista per eccellenza, si carica del surplus semantico generato dall’ambiente reale in cui si colloca, delle vibrazioni prodotte dalla vicinanza con gli spettatori (pochi per ragioni di capienza della suite), della simmetria visiva scena-stanza che ne costituisce il presupposto teorico; così ogni movimento, ogni dialogo delle protagoniste, sprigiona una forza espressiva, un “efetto verità”, che gareggia in autenticità con la realtà extrarappresentativa, amplifcando il coinvolgimento psicofsico del pubblico."
    Laura Pernice, Arabeschi
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  • "Gli spari, le esplosioni, le rafche in arte non hanno niente a che spartire col terrorismo e col terrore del mondo. Semmai sono un modo per attaccarlo, per farlo smottare, per smascherarne il fondo grottesco e vigliacco, per liberarci dalla paura. E allora se davvero a teatro esiste per lo spettatore qualcosa come una catarsi – la purifcazione, la liberazione dal terrore – i Motus, e le loro otto magnifche attrici, l’hanno saputa scatenare."
    Annalisa Sacchi, Alfabeta 2
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  • Ogni attrice contribuisce alla bandiera del corpo-attore corale, issata ben alta e sventolata con forza, con un contributo fondamentale: l’ampia gamma di toni attraversata da Silvia Calderoni; gli scatti e gli scoppi di Ilenia Caleo; la maschera ironica e cinica di Sylvia De Fanti; l’ambiguità, gioiosa e macerata, di Federica Fracassi; la dualità tesa ed epilettica del Pierrot di Ondina Quadri; la grazia oscura 24.10.2016 e torbida di Alexia Sarantopoulou; lo sguardo distaccato e lucido di Emanuela Villagrossi; l’energia e la precisione di I-Chen Zufellato."
    Stefano Serri, Concretamente
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  • "Ne deriva uno spettacolo rigorosamente e, insieme, allegramente attestato sul versante di un continuo, vorticoso slittamento di senso e di sesso."
    Enrico Fiore, Controscena
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