teatro

Erodiàs

2017

Foto: ©Lorenza Daverio

“Testa che piango/testa che repiango/testa del demenzial tango…”

Premio nazionale Franco Enriquez 2017
Miglior attrice
Finalista Premio Ubu 2017
Miglior attrice

Anno
2017
Autore
Giovanni Testori
Con
Federica Fracassi
Regia
Renzo Martinelli
Drammaturgia
Francesca Garolla
Suono
Fabio Cinicola
Luci
Mattia De Pace
Costumi
Cesare Moriggi
Assistente
Irene Petra Zani
Produzione
Teatro i con il contributo di Regione Lombardia /NEXT

“Jokanaan! “

Erodiàs, il più violento dei Tre Lai, inizia così, con un urlo reiterato che si fa gioco di parole, musica che parte dal nome ebraico del Battista e che giunge a poco a poco a conficcarsi nella carne lombarda dilaniata.

Giovanni Testori ha dedicato a Erodiade più di un testo. Noi scegliamo Erodiàs, l’Erodiade spodestata, posseduta, ossessiva, che balbetta. Noi partiamo dalla rabbia che smangia l’essere umano quando si trova davanti al limite, alla finitudine, quando il discorso s’incaglia e resta solo la potenza del grido.

Perché affrontare Erodiàs? Che cosa rappresenta oggi questa donna dilaniata d’amore per Giovanni Battista? Che cosa raccontano le sue parole di lussuria verso il profeta, simbolo di una religione che lei non riesce a comprendere né a definire?

Erodiàs incarna un tempo in cui la ragione non è ancora arrivata: una zona d’ombra non illuminata dalla luce dello spirito, un eterno purgatorio in cui la conoscenza/coscienza non trova spazio. Un personaggio “sottovuoto”, una figura bidimensionale che vive dietro un vetro. Un manichino che a noi si mostra da una vetrina di sbarlusc: il suo è un mondo inevitabilmente separato dal nostro, ma ora del tutto compromesso e scardinato dall’arrivo di un Dio che si è fatto carne: il verbum.

Sulla scena un quadro che prende vita e, al contempo, un negozio o uno schermo: l’unica dimensione in cui Eròdias può ancora sopravvivere, seppur confusa da quel conzerto e conzertino di dubbi e domande che il profeta ha in lei provocato. Non è abbastanza averlo messo a tacere con un atto cruento e blasfemo: la testa di Giovanni, separata da corpo, continua a parlarle, la provoca, le impone interrogativi a cui non trova risposta. 

Erodiàs non è più l’Erodiàs che era, ormai è il Battista stesso. Di lui prende le fattezze, una maschera nella maschera, da lui prende parole che non conosce, che non stanno ancora nella sua bocca, di lui cerca segni in ogni dove. 

Da lui, dall’amore per lui, nasce il suo tormento: che fare? Come andare avanti?

Questa domanda risuona. Anche oggi.

Che fare di un Dio che è diventato uomo e che, come ogni uomo, può anche sbagliare? Che fare di un mondo che ha perso il suo centro? Che fare di un amore che si sapeva di carne eppure ha l’odore dell’anima? 

Lo spettatore assiste. Guarda e aspetta, non può fare altro. 

Per l’ennesima volta vede, davanti a sé, una dicotomia senza tempo: corpo e mente, ignoranza e conoscenza, sesso e morte. Infinite declinazioni della stessa cosa. Di una vita che cerca, non trova, e allora attende. Attende. Come se non ci fosse altra possibilità che questa.

Ma è così? Oggi, è davvero così?

Press release

  • “Fracassi recita con un’energia ardente, ogni tanto dolce e poetica, più spesso apocalittica, contrappone all’insulto la seduzione, alla disperazione il sarcasmo, alla tenerezza l’oscenità, all’amore la carne, in una grande prova fino allo struggente fallimento finale.”
    Anna Bandettini, La Repubblica
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  • “Bravissima Federica Fracassi si immerge nella partitura di sentimenti e emozioni di Erodiàs, prigioniera del ricordo, dei rimorsi e dei dubbi, riuscendo sul finale, libera da artifici spettacolari, barba, falli, microfoni, a fare della parola carne e sangue”
    Magda Poli, Corriere della Sera
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  • “Erodiàs è la superba Federica Fracassi…mezza umana e mezza bambola, mezza donna e mezza uomo. All’inizio della recita è lei stessa ad essere Giovanni, in un gioco di travestitismo carnascialesco e sguaiato, che include una testa mozzata, una barba posticcia, una figura emaciata, una postura sbilenca da asceta saccente. Lui è ridotto a fallo di gomma, a trastullo, a feticcio ridicolo, mentre lei pian piano, si umanizza e femminilizza, riappropriandosi di quel corpo e di quello spirito che l’amante schizzinoso aveva censurato, rifiutato e bestemmiato.”
    Camilla Tagliabue, Il Fatto Quotidiano
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  • “Per la prima volta uno dei grandi monologhi di Testori viene presentato con tutti gli optional di uno spettacolo di Renzo Martinelli e non solo come uno straziante, disperato, assoluto esercizio di bravura per attore, il che ovvio esiste e persiste e colpisce; ma intorno alla Fracassi si svolge un’azione visiva, c’è un negozio, una vetrata, di cui un pezzo crolla e lei resta un manichino che parla da sola, una macchina celibe in cui si perde il teatro e la narrazione.”
    Maurizio Porro, Breakaleg
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  • Il ritmo ipnotico delle variazioni onomastiche con cui la «tragica reina» appella l’oggetto del suo desiderio, il profeta Giovanni il Battista, apre lo spettacolo Erodiàs diretto da Renzo Martinelli e con protagonista Federica Fracassi.
    Laura Pernice, Arabeschi.it
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  • “È un ricamo tutt’altro che impossibile quello tentato, affidato all’attrice Federica Fracassi, notevolissima nell’interpretazione, elemento su cui si sono concentrati moltissimi giustificati plausi della critica, in ragione di un rapporto con il testo che riesce davvero a far rivivere le torbidità delle figure più controverse della letteratura lombarda”.
    Renzo Francabandera, Krapp’s Last Post
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  • “Ma è qui , in questo prefinale umanissimo e dolente, che la regia sceglie di introdurre uno scatto, un detour, rispetto al dettato testoriano, e Federica Fracassi rende anche quest’ultimo sussulto d’orgoglio del finale un’invocazione sofferta e sincera, reale, coinvolgente, vibrante.”
    Antonio Cataldo, Pickwick.it
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  • “L’Erodiàs, nell’allestimento di Teatro i, d’ora in poi sarà un riferimento imprescindibile per chi affronterà la sposa del tetrarca Erode, un vero e proprio compendio alla regia e alla storia del teatro contemporaneo”.
    Fabio Francione, Il cittadino di Lodi
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